ROMANO Un comprensibile nervosismo traspariva ieri dagli atteggiamenti e dalle parole degli albanesi raggruppati all'entrata dell'ospedale di Romano, tutti accomunati dal desiderio di conoscere le condizioni dell'amico ferito e magari fare visita alla salma del fratello ucciso.
Nessuno di loro ha voluto entrare nei particolari della vicenda che ha avuto un tragico epilogo. «Cosa possiamo dire se non conosciamo esattamente com'è accaduto il fatto – hanno tagliato corto –. Sappiamo solo che un amico è stato ucciso e i suoi due fratelli feriti». E proprio all'ospedale di Romano mercoledì alle 23 c'è stato il finimondo. L'auto guidata da Flamur Ibrahimi, più grande dei tre fratelli, ha imboccato a tutta velocità la rampa d'accesso del pronto soccorso. Il conducente, ferito al braccio e a una spalla, urlava disperato: nell'auto infatti giaceva senza vita il fratello Sadmir mentre l'altro, Refik, era semicosciente per le gravi ferite riportate al torace e a una coscia. Il ventiduenne ucciso aveva si era riunito da poco più di un mese i due fratelli maggiori a Romano, nell'appartamento di via Indipendenza, al civico 52. Aveva lasciato Cassano delle Murge, in provincia di Bari, paese dove fino a cinque anni fa avevano abitato anche i suoi fratelli, ora assunti come muratori per un'impresa edile della bergamasca.
Difficile sapere qualcosa di più sulla loro vita, perlomeno dagli amici che ieri hanno fatto quadrato intorno al passato e alle vicende personali dei tre connazionali. Impossibile avvicinare anche il ferito, ricoverato nella camera numero due del reparto di chirurgia maschile e controllato a vista da un carabiniere. Refik Ibrahimi è in prognosi è riservata ma non sarebbe in pericolo di vita. I medici dovranno attendere il normale decorso post operatorio prima di azzardare il periodo di guarigione a causa della grave ferita riportata al torace e provocata da una profonda coltellata.
Fa. Bo.