Comune di Romano di Lombardia
Clicca sul banner
Inserisci il Comune di Romano fra i tuoi siti preferiti
MAPPA HOME ENGLISH SCRIVI
Imposta il Comune di Romano come pagina iniziale
 NEWS:
IL COMUNE
LA CITTA'
I SERVIZI
LE ATTIVITA'
LE NEWS
IL WEB
IL FORUM
SEI IN: HOME > NEWS > NEWS LOCALI > ECO ONLINE
 
NEWS DALL'ECO DI BERGAMO

 

Blitz contro i clan sbarcati nella Bergamasca

Nel mirino della 'ndrangheta locali notturni e impresari edili. A Brescia progettati sequestri di persona

I carabinieri escono dalla stazione di Romano di Lombardia con uno degli arrestati su ordine del Tribunale di Brescia (foto Boschi)

Due cosche affiliate alla 'ndrangheta calabrese pienamente operative tra le province di Bergamo e Brescia. Due organizzazioni quasi parallele con basi a Romano di Lombardia e in Val Calepio e operanti in diversi ambiti criminali: usura, estorsione (il cosiddetto «recupero crediti»), traffico di droga, caporalato, frode fiscale, traffico di armi, rapine e furti. Ai vertici professionisti del crimine, calabresi affiliati alle potenti famiglie dei paesi d'origine. Ai gradini più bassi immigrati di nuova e vecchia generazione, ma anche elementi della malavita nostrana.
Un quadro decisamente allarmante quello che emerge dalle indagini dei carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) di Brescia e della Procura distrettuale antimafia, che hanno portato all'emissione di 42 ordinanze di custodia cautelare tra la Calabria, la nostra provincia e quella di Brescia: 34 di queste sono state eseguite ieri all'alba con il supporto dei militari dei reparti territoriali, tra i quali il comando provinciale di Bergamo. Otto persone sono ancora ricercate.
LA COSCA DEI ROMANO È Giuseppe Romano, detto «Pino», calabrese trapiantato a Romano di Lombardia, secondo l'accusa, il boss della cosca dei Romano. Gli episodi a lui contestati sono decine e coinvolgono anche i parenti Paolo e Antonio Romano (ordinanza di custodia in carcere), residenti a Briatico (Vibo Valentia) e la sorella Anna (da ieri ai domiciliari), residente a Romano di Lombardia e impiegata all'Ispettorato del lavoro di Brescia, accusata di aver fatto pressione su colleghi per evitare determinati controlli alle ditte edili indicatele dal fratello.
Aiutanti di Pino Romano, tutti finiti in carcere, sarebbero Antonio Seminara, residente a Pontoglio (Brescia) e Giuseppe Caratozzolo, residente a Chiari (Brescia). Per gli inquirenti il terzetto Romano-Seminara-Caratozzolo costituisce il nucleo della cosca.
Tra i personaggi che gravitano intorno ai tre sono stati arrestati anche i fratelli Giuseppe e Gregorio De Luca, calabresi residenti a Chiari; Guglielmo Giannì, residente a Romano; Donato Leo, anch'egli di Romano; Leonardo Melluso, residente a Treviglio ; Giovanni Sbordone, domiciliato a Castrezzato (Brescia); Renato Tassoni, bergamasco di Romano; Luigi Merlini e Francesco Venturini, bresciani di Orzinuovi.
Tra le decine di episodi contestati, soprattutto casi di estorsione ai danni di locali notturni, anche della Bergamasca, e di piccoli imprenditori edili, ce n'è uno particolarmente esemplare. Il clan dei Bellocco (l'altra cosca che secondo l'inchiesta operava nella zona, di cui si dirà in seguito, ndr) nella primavera del 2002 aveva iniziato un «recupero crediti» (leggi estorsione) per conto di un imprenditore bergamasco ai danni di un imprenditore bresciano.
Quest'ultimo, tramite intermediari, si era rivolto alla cosca dei Romano per chiedere protezione. L'intercessione di Pino Romano, attraverso una delicatissima trattativa con i Bellocco, durante la quale vengono scomodati anche i vertici delle cosche di riferimento in Calabria, permette di «mitigare» l'azione estorsiva, in cambio però di un versamento di 150 milioni di vecchie lire come pagamento della protezione.
RAPINE E SEQUESTRI L'accusa ha inoltre delineato l'esistenza di un ulteriore gruppo criminale composto da alcuni elementi della cosca Romano, e in particolare da Giuseppe Caratozzolo e dal figlio Vincenzo (anche lui finito in carcere) e dai fratelli Giuseppe e Gregorio De Luca.
Il sodalizio sembra stesse progettando diversi colpi come furti e rapine, ma anche sequestri di persona ai danni di imprenditori edili bresciani. È bene ricordare, a questo proposito, che da intercettazioni e riscontri risulta che gli indagati disponevano in abbondanza di armi da fuoco: «Si parla di pistole a decine – scrive il gip nell'ordinanza – e ci si lamenta per l'aumento del prezzo delle mitragliette».
Altre tre persone, Antonino Scopelliti, calabrese residente a Capriolo (Brescia), il genero Vincenzo Orefice (domiciliari), anch'egli di Capriolo, e Giovanbattista Lumini, di Ospitaletto (Brescia), sono state arrestate con l'accusa di estorsione per episodi marginali all'inchiesta principale.
LA COSCA DEI BELLOCCO Perno del sodalizio, legato ai potentissimi Bellocco della piana di Gioia Tauro, un calabrese residente nella Bergamasca, fino a ieri sera irreperibile. Personaggi di spicco anche i giovani fratelli Bellocco, domiciliati di fatto a Grumello del Monte . Il minore, Umberto, è stato arrestato ieri mattina.
Tra gli arrestati gravitanti intorno alla cosca anche Vincenzo Ascone, di Gioia Tauro, e Egidio Pievani, bergamasco di Foresto Sparso . Ma altri mancano all'appello. Anche nel caso dei Bellocco gli episodi contestati sono molteplici. Si tratta soprattutto di casi di estorsione per conto terzi, nei quali gli indagati erano soliti, secondo l'accusa, trattenere il 50% della somma riscossa.
COCAINA Entrambe le cosche erano attive anche nel traffico di cocaina, di cui movimentavano notevoli quantità. Le indagini hanno permesso di stroncare anche una terza associazione, non di stampo mafioso e dedita quasi esclusivamente allo spaccio di cocaina.
Ai vertici il cinquantunenne Marino Attuati, detto il «topo», nativo di Cividate e residente a Palazzolo (Brescia). Insieme a Attuati, in carcere è finito anche Sbordone, ma per l'attività legata alla cosca Romano. Arresti domiciliari invece per Donatella Torri di Palazzolo (Brescia); Teresita Guerini di Palosco ; Ramon Cirani di Castelcovati; Giuseppe Zappia di Pompiano (Brescia); Tiziana Bossini di Chiari; Loredana Fava di Castelli Calepio e Paola Scarsi di Palazzolo.
CAPORALATO Entrambe le cosche erano attive nell'ambito dell'edilizia, controllando anche grazie alla complicità di Anna Romano, una rete di piccole imprese che il più delle volte erano gestite da prestanome e servivano, sempre stando alle accuse, da un lato a riciclare denaro proveniente da traffici illeciti, dall'altro a piazzare manodopera in nero nei cantieri lombardi.
Paolo Doni
Fabrizio Boschi

 
NEWS RECENTI STAMPA SOLO L'ARTICOLO ARCHIVIO NEWS
 
By EffePiNet

Top Cantanti

Offerte Lavoro

Guida Programmi TV

Offerte Last Minute

Traduttore Gratis