Si va a concludere la stagione del raccolto, ma per la «granella» il mercato paga il 27% in meno Nei campi c'è preoccupazione sul futuro del settore: anche perché i costi operativi stanno diventando esorbitanti
Agricoltori bergamaschi alle prese con una nuova emergenza: il crollo del prezzo del mais. Dopo la crisi della scorsa stagione dovuta alla siccità che aveva compromesso il raccolto, quest'anno, nonostante le temperature siano state nella media al punto da garantire un'annata normale, è la congiuntura economica e il mercato debole a colpire duro il settore. Tanto da far traballare ampiamente un settore già a rischio crisi.
Sul mercato, una tonnellata di granella di mais secca, lo scorso anno veniva venduta a 165 euro: quest'anno, invece, non si va oltre i 120 euro. In altri termini ben il 27% in meno rispetto all'annata scorsa. Con un calo che ha accentuato il suo calo proprio nelle ultime settimane, tenuto conto di come, dall'inizio di stagione ad oggi, il prezzo della tonnellata di granella abbia registrato una flessione in termini assoluti pari a 5,5 euro: quasi il 4,5% in meno in soli pochi giorni.
Con un'aggravante considerevole: ovvero che per il momento non si scorgono all'orizzonte possibilità di ripresa.
«Quest'anno il raccolto è regolare - spiegano gli agricoltori nelle campagne della Bassa Bergamasca -, ma il prezzo è basso e non sempre si riesce a coprire i costi di produzione». In più si aggiunge un aspetto tecnico: quello delle piogge: «Certo ci sono state - si commenta nelle campagne -, ma non nel periodo giusto. Così si è dovuto far ricorso all'irrigazione che, in altri termini, vuol dire ulteriori costi». «Se a questo ci si aggiunge l'aumento del prezzo del carburante e dei concimi - commenta un agricoltore a Morengo -, si capisce che il quadro che ci si prospetta davanti non è proprio favorevole. Per di più una parte significativa l'ha giocata anche il fattore concorrenza, in particolare quella dell'Est europeo e della Francia, dove il costo dei terreni è molto più basso rispetto all'Italia».
Una situazione davvero complicata e contraddistinta da previsioni a tinte se non fosche, quanto meno grigie. Il pessimismo imperversa tanto che qualcuno, nelle campagne bergamasche si lascia scappare qualche brutto presentimento: «Se si continua così il mercato del mais è destinato a morire».
Un ruolo, in questo momento difficile, potrebbe venire dall'avvio di politiche consortili tra piccoli agricoltori: un tema accolto con uno scetticismo a livello generale. «Non c'è la cultura del consorzio - continua l'agricoltore di Morengo - non siamo in grado di gestirlo perché ognuno pensa al proprio interesse, ognuno lavora secondo scelte personali e non secondo un'ottica comune. Un consorzio, a dire il vero, sarebbe anche garanzia di maggiore qualità».
Anche per Bruno Pirola, presidente del gruppo Maiscoltura per la Coldiretti, zona Ponte San Pietro, la stagione 2004 è sicuramente contraddistinta da difficoltà di mercato, mentre dal punto di vista della stagionalità appare assolutamente regolare. «Il raccolto - spiega - sembra in ritardo perché lo si paragona a quello dello scorso anno, quando l'ondata di caldo eccezionale aveva anticipato i tempi. Quest'anno siamo regolari, ma i problemi sono altri e sono legati al prezzo del prodotto sul mercato. C'è stata una diminuzione di circa sei euro al quintale, mentre invece sono aumentati i costi di produzione. Il prezzo del gasolio è salito alle stelle, lo stesso vale per i concimi, le bollette da pagare al consorzio di bonifica per l'irrigazione, gli affitti del terreno. Senza tener conto della minore domanda che viene dai nostri consumatori: i mangimifici, le amiderie e le aziende che producono plastica».
Pirola propone una «riconversione» del prodotto oppure scelte che vanno verso una maggiore «specializzazione» o ancora un marchio di qualità. «Bisogna mettere in atto politiche diverse se si vuol salvaguardare il futuro dell'agricoltura, magari mettendo sul mercato prodotti specializzati, o ancora orientandosi verso il discorso energetico. Un quintale di mais equivale ed un quintale di petrolio, all'estero ci sono già bruciatori che vanno a mais».
Sono diversi i fattori che hanno contribuito al crollo del prezzo del mais. Come spiega Franco Gatti, presidente della Coldiretti di Bergamo: «Rispetto allo scorso anno c'è stata una produzione maggiore, non solo per le migliori condizioni climatiche, ma anche perché è diminuita la superficie destinata a riposo, il cosiddetto set-aside. E l'anno prossimo aumenterà ulteriormente la superficie destinata a mais perché le nuove politiche comunitarie prevedono l'abolizione totale del set-aside. A dir il vero ci sarà un ridimensionamento di tutta la politica agricola comunitaria, non più orientata verso il sostegno alla produzione, ma al produttore che potrà così scegliere cosa coltivare. La riforma di medio termine dell'Unione Europea prevista per il periodo 2005-2013 (su cui si la Coldiretti si confronterà in due incontri in programma domani a Romano di Lomnbardia - ore 20.30 alla sala Multimediale della Bcc di Calcio e Covo in via Rubini 12 - e martedì a Bergamo - ore 9.30 alla Casa del Giovane di via Gavazzeni 13- N.d.R.), servirà a traghettare il produttore verso il libero mercato. Per quanto riguarda il raccolto, quest'anno siamo nei limiti, il trinciato è già finito, mentre la granella si concluderà entro la prima decade di ottobre. Il Consorzio agrario provinciale, da parte sua, per cercare di ovviare alle difficoltà del mercato, ha proposto di ritirare la granella di mais, essiccarla e stoccarla in attesa di condizioni più favorevoli. È un modo per dare la possibilità agli imprenditori agricoli di ottenere migliori remunerazioni per i loro propri prodotti».
Anche le industrie risentono dell'annata "nera del mais". «Siamo spiazzati - afferma Lino Moretti dei Mangimi Moretti - lo scorso anno, a causa della siccità, c'era poca offerta, quindi il prezzo del mais è salito: quest'anno, invece, è accaduto l'esatto contrario. Abbiamo un ottimo prodotto, in quantità abbondante, ma le richieste sono inferiori, in pratica sono diminuiti i consumi. C'è anche da dire che il mais costa meno all'estero, in Francia il prezzo per un quintale è di 100 euro, a fronte dei 120 in Italia. Noi però continuiamo a comprare in Italia perché facendo un calcolo dei costi per le spese di trasporto per importare dall'estero, il prezzo è ancora conveniente».
Gina Di Meo