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Raid punitivi La banda si vantava

Pestaggi, oggi i primi interrogatori per vigili e carabinieri finiti nei guai

La violenza era anche nelle parole, nei commenti cinici e compiaciuti dopo il volo di un marocchino che si era lanciato da un'altezza di sette metri per sfuggire agli inseguitori e che era finito all'ospedale in gravi condizioni.
«Preferiscono buttarsi piuttosto che cadere nelle nostre mani». L'hanno sentito in diretta gli uomini della polizia giudiziaria che tenevano sotto controllo i telefoni e che avevano piazzato microspie nella Fiat Panda nera usata dalla banda di presunti picchiatori in divisa. Sette carabinieri di Calcio, due vigili di Cortenuova e uno studente universitario (l'undicesimo indagato è il capitano Massimo Pani, comandante della compagnia di Treviglio, ma per un episodio di favoreggiamento) finiti nei guai per una serie di operazioni - in borghese e su un'auto con targa rubata - che avevano punteggiato i venerdì degli ultimi cinque mesi nella Bassa bergamasca e che, secondo l'accusa, non erano altro che spedizioni punitive, veri e propri pestaggi per lo più nei confronti di extracomunitari clandestini.
Era un venerdì anche quella sera, il 1° giugno scorso, e i vigili di Cortenuova stavano alle calcagna di un marocchino irregolare che scappava con in tasca 12 grammi di eroina. Il nordafricano s'era arrampicato sul tetto dell'ipermercato Bennet a Cortenuova e per cercare di farla franca s'era gettato da sette metri schiantandosi al suolo e perdendo i sensi. E loro, gli inseguitori, che gongolavano spietati e quasi compiaciuti della fama che s'erano guadagnati tra le loro presunte vittime. «Questi si buttano nel vuoto pur di non cadere nelle nostre mani»: suona più o meno così la frase stonata, stonatissima, che per paradosso ha però finito per salvare chi l'ha pronunciata e chi gli stava accanto. Perché i pm Giancarlo Mancusi ed Enrico Pavone s'erano insospettiti di fronte a quel volo, temevano fosse una messinscena per mascherare le botte rifilate. Invece, le «cimici» hanno permesso di capire che la caduta era davvero casuale, che non c'entrava nulla con i pestaggi contestati.
In Procura si sta lavorando per vagliare altri episodi oltre ai nove che sono finiti nel fascicolo dell'inchiesta. Per gli inquirenti c'è infatti un lasso di tempo troppo dilatato tra la prima denuncia nel novembre del 2005 e le ultime di poche settimane fa. Gli investigatori non sono del tutto convinti del fatto che per un anno abbondante la banda della Panda nera se ne sia rimasta tranquilla. E, analizzando altri fatti sospetti, stanno cercando di capire anche se ci siano altre persone coinvolte.
Così come si stanno chiedendo se davvero un comandante di Compagnia abile come il capitano Pani fosse all'oscuro di quanto sarebbe accaduto tra alcuni dei suoi sottoposti. Per ora l'ufficiale risulta comunque totalmente estraneo a eventuali coperture delle spedizioni punitive.
Un altro fronte dell'inchiesta potrebbe invece aprirsi grazie a una telefonata tra due degli indagati, una conversazione intercettata (e che è ancora tutta da valutare) nella quale si accennerebbe a concorsi di polizia locale da pilotare. Potrebbe trattarsi della promessa reale di accordi per favorire altre due persone sotto inchiesta, ma non è escluso che si tratti di una vanteria, una falsità raccontata da uno degli interlocutori per farsi bello.
Veri, secondo gli investigatori, sarebbero invece i tentennamenti accusati al telefono dal comandante e dall'agente della polizia locale di Cortenuova, che con altri tre devono rispondere dell'associazione per delinquere. I due alla metà di giugno avrebbero palesato la loro volontà di interrompere la «caccia grossa» del venerdì (infatti alle presunte spedizioni del 15 e del 22 giugno non sono presenti), anche se qualcuno all'altro capo del telefono avrebbe insistito: «Ma perché non venite?».
Oggi intanto inizieranno gli interrogatori di garanzia da parte del gip Raffaella Mascarino. Stamattina è in programma quello di Andrea Merisio, il vigile di Cortenuova detenuto in via Gleno, difeso dall'avvocato Carlo Boni. Lunedì toccherà ai due carabinieri di Calcio finiti nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere: il maresciallo Massimo Deidda, comandante della caserma (assistito dall'avvocato Marco Zambelli), e il suo sottoposto Viviano Monacelli (difeso dall'avvocato Andrea Pezzotta). Nei prossimi giorni, infine, il gip ascolterà i due indagati agli arresti domiciliari - il comandante dei vigili di Cortenuova Giampaolo Maistrello e il carabiniere di Calcio Danilo D'Alessandro - e i sei (tra cui il capitano Pani) che sono sottoposti al divieto di dimora. Forse le loro parole potrebbero aprire varchi di luce in una vicenda che, ora come ora, pare più nera della Panda usata per i raid.
Stefano Serpellini

 
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