Romano, borgo di confine fino agli ultimi anni del settecento (rivoluzione francese); il confine era a pochissima distanza: Calcio, Covo, Isso erano già in terra straniera.
Era fortificato pertanto, con obbligo dei suoi abitanti di contribuire personalmente alla difesa del confine, ma col diritto di franchigia, ossia dell'esenzione sostanziale dalle tasse.
Dal diritto di franchigia al commercio come risorsa fondamentale, il passo è breve; la funzione commerciale determinò lo stesso schema urbanistico interno. Si formarono famiglie di commercianti di enorme prestigio: gli Agazi in particolare - abitavano nell'attuale casa parrocchiale e nei due cortili adiacenti - avevano fondaci in Venezia ed a Costantinopoli.
Il pubblico mercato aveva luogo tre giorni ogni settimana: lunedì, mercoledì e venerdì. Le merci affluivano in abbondanza dalle terre dello Stato di Milano, mediante contrabbando notturno tollerato dalle autorità dei due stati per reciproca convenienza; erano lunghe file di muli e cavalli con basti stracolmi di merci lungo i sentieri.
Grano e biade di ogni genere, fustagni in pezze, allume di rocce, vino, olio, merci che poi proseguivano verso le piazze di Bergamo, di Brescia e Venezia. Il mercato aveva luogo nelle vie centrali, porticate affinché le merci potessero rimanere al coperto con ogni condizione di tempo.
Accanto al commercio si formano botteghe artigianali di grande rinomanza legate pure esse al mercato: tessitori e sarti, mugnai, conciapelli, armaioli, calderai, vasai, falegnami, fabbri ferrai. E con loro professionisti che in molti casi acquistarono fama ed onori ben oltre i confini del borgo: notai, avvocati, agrimensori, architetti, farmacisti, medici e chirurghi. Soltanto alla metà dell'ottocento sopravvennero gli industriali che dominarono l'economia del borgo per un secolo, fino alle soglie dei nostri anni.